Uno studio dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del CNR sulle cultivar di zafferano campano
Identificate sostanze con proprietà antibatteriche, antimicotiche, antitumorali, analgesiche e antinfiammatorie e altre che caratterizzano l’odore e le attività antiossidanti dello zafferano. L’attività di ricerca è stata al centro di un progetto condotto dall’Isa (Istituto di scienze dell’alimentazione) del Cnr che ha analizzato otto varietà di zafferano campano. Il lavoro, pubblicato su Foods, si è focalizzato sulle varietà coltivate in differenti zone della Campania: Fontanarosa, Capriglia e Lacedonia (Av), Benevento e Raviscanina (Ce), Ottaviano e Agerola (Na). Lo studio può contribuire a promuovere futuri programmi di selezione delle cultivar per salvaguardare e migliorare la produzione, anche alla luce delle loro eccellenti qualità nutrizionali e sensoriali. I campioni di ciascuna varietà sono stati acquisiti da diversi produttori e analizzati separatamente. Si tratta di cultivar conosciute per le particolari note aromatiche e coltivate secondo le pratiche agronomiche tradizionali.
“Grazie all’utilizzo della gascromatografia, accoppiata alla spettrometria di massa - come ha spiegato Rosaria Cozzolino del Cnr-Isa e autrice dello studio - è stato determinato il contenuto qualitativo e semi-quantitativo dei composti organici volatili responsabili delle note sensoriali di questa spezia, ma anche di molteplici proprietà salutistiche che lo zafferano ha dimostrato di possedere”. La ricerca è stata condotta presso il Centro de Quimica dell’Università di Madeira (Portogallo) nell’ambito del programma di Short Term Mobility del Cnr.
Alcuni campioni, come sottolineato dalla ricercatrice, hanno presentato profili aromatici relativamente ricchi in sostanze con proprietà antibatteriche, antimicotiche, antiproliferative, antitumorali, analgesiche e antinfiammatorie. Al fine di evidenziare le specificità dei diversi prodotti e identificarne le caratteristiche biochimiche, sono state impiegate tecniche di statistica multivariata con le quali è stato possibile paragonare, per la prima volta, l’impronta aromatica dei campioni, rilevando una variabilità inter e intra-cultivar abbastanza elevata.